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PuntoSostenibile

Clima estremo

Ma la politica può attendere

di Sergio Ferraris
pubblicato il 21/06/2025

Di clima non si parla molto sui media. Le urgenze sono altre, come il conflitto allargato in medio oriente, con Gaza che è già passata in secondo piano, superata dall’Iran, l’invasione dell’Ucraina, i dazi di Trump e così via. Ci sono segnali, però, che sarebbe meglio non ignorare. I nuovi dati satellitari della Nasa su clima ed eventi estremi tracciano una traiettoria chiara: negli ultimi cinque anni, il Pianeta ha visto intensificarsi con forza crescente gli eventi meteorologici estremi. Siccità prolungate e inondazioni devastanti non sono più anomalie statistiche, ma la nuova normalità di un mondo sempre più instabile. Lo scorso anno, l’indice di gravità di questi eventi ha raggiunto il doppio della media osservata nel periodo 2003–2020. Un salto improvviso e imprevisto, che ha lasciato “stupiti e allarmati” i ricercatori della Nasa.

La nuova guerra del clima

La battaglia per riprenderci il pianeta

Clima rapido 

A sorprendere non è soltanto la frequenza degli eventi estremi, ma la rapidità con cui questi fenomeni si susseguono. Il satellite Grace, che da anni monitora i cambiamenti ambientali sul Pianeta, ha rilevato un’accelerazione che sfugge ai modelli previsionali. "Non possiamo ancora dimostrare un nesso di causalità: avremmo bisogno di un set di dati molto più lungo. È difficile individuare esattamente cosa stia accadendo qui, ma altri eventi suggeriscono che il riscaldamento (globale) sia il fattore trainante. Stiamo assistendo a un numero sempre maggiore di eventi estremi in tutto il mondo, quindi questo è certamente allarmante", ha detto al Guardian il dott. Bailing Li, dell’Hydrological Sciences Laboratory della Nasa. "È davvero spaventoso. Abbiamo ottenuto una curva in crescita netta, che corre parallela all’aumento della temperatura globale", ha detto sempre al Guardian Matthew Rodell, a capo del medesimo dipartimento di Bailing. Questo è l’elemento più rilevante dello studio che ha mostrato una correlazione più stringente tra l’intensificazione degli estremi e la temperatura media planetaria, rispetto a fenomeni climatici ricorrenti come El Niño. In pratica il continuo riscaldamento del pianeta causerà siccità e inondazioni più frequenti, più gravi, più lunghe e più estese. E le conseguenze non riguardano soltanto l’ambiente, ma si ripercuotono direttamente su sistemi economici, sanitari e infrastrutturali. Lo ha sottolineato in una nota di Christopher Gasson, direttore della Global Water Intelligence di Oxford, l’ente che ha commissionato l’aggiornamento dei dati: "Il settore idrico, per esempio, deve attrarre investimenti su larga scala. Molte aziende potrebbero essere totalmente impreparate, sommerse. Potremmo avere troppa acqua, troppa poca acqua, o entrambe le cose".  

L’Italia può attendere

E in questo quadro l’Italia su fronte dell’adattamento ai cambiamenti climatici è partita tardi. Il Piano nazionale d’adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), approvato in via definitiva il 21 dicembre 2023 dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), è entrato in vigore il 21 febbraio 2024. Il Pnacc prevede un sistema di governance nazionale che dovrebbe concretizzarsi nell’istituzione di un Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici, composto da rappresentanti delle Regioni e delle amministrazioni locali, e ha il compito di individuare le priorità territoriali e settoriali e monitorare l’efficacia delle azioni di adattamento. Piccolo dettaglio l’Osservatorio a oggi non esiste e addirittura non è stato citato nella legge di bilancio 2025. E poi un altro nodo critico è la mancanza di risorse finanziarie specifiche dedicate all’attuazione del Pnacc. Il Piano non dispone di un fondo ad hoc, ma indica la necessità di attingere a fondi nazionali ed europei, tra cui quelli del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e dei fondi per la coesione. La valutazione della copertura finanziaria e l’integrazione con altri strumenti di programmazione sono state indicate come prioritarie, ma al momento non risultano ancora realizzate. Insomma la necessità d’adattamento al clima per il Governo c’è ma con calma, molta calma. La politica può attendere. Fino al prossimo evento estremo. Nel frattempo l’Organizzazione meteorologica mondiale stima all’80% la probabilità che uno dei prossimi cinque anni superi il 2024 come anno più caldo mai registrato, un’incertezza che sta minando anche il sistema assicurativo globale, che si regge su modelli previsionali ormai superati. Le ripercussioni, a cascata, potrebbero colpire intere economie.

Articolo pubblicato su Nextville.it, 20 giugno 2025 

Immagine: Ante Hamersmit (Unsplash)