 
              
                         
              Il grande mito
Come il business ha creato la leggenda del libero mercato e ci ha insegnato a odiare il governo
5. “Una visione rigorosa e cristallina del libero mercato”
1. Gerstle G., Liberty and Coercion: The Paradox of American Government from the Founding to the Present, rev. ed., Princeton University Press, Princeton, NJ, 2015, 63, che cita il collega storico Louis Hartz. Siamo in debito con Gerstle per l’intera discussione e speriamo di aver parafrasato a sufficienza per non sembrare colpevoli di plagio: altrimenti avremmo dovuto citare la maggior parte del suo articolo.
2. Discusso anche in Gerstle G., Liberty and Coercion, cit.
3. Ibidem, 62
4. Spanagel D.I., DeWitt Clinton and Amos Eaton: Geology and Power in Early New York, 1st ed., Johns Hopkins University Press, Baltimora 2014
5. Gerstle G., Liberty and Coercion, cit., 64
6. Phillips-Fein K., Invisible Hands: The Businessmen’s Crusade Against the New Deal, W.W. Norton, New York 2010, 13-15
7. Alder K., Engineering the Revolution: Arms & Enlightenment in France, 1763-1815, University of Chicago Press, Chicago 1997
8. Hounshell D.A., From the American System to Mass Production, 1800-1932: The Development of Manufacturing Technology in the United States, Johns Hopkins University Press, Baltimora 1985
9. Sulle milizie si veda Gerstle G., Liberty and Coercion, cit.; sulle ferrovie White R., Railroaded: The Transcontinentals and the Making of Modern America, W.W. Norton, New York 2012
10. “Slave Code for the District of Columbia, Articles and Essays, Slaves and the Courts, 1740-1860, Digital Collections, Library of Congress”, pagina web, Library of Congress, Washington, D.C. 20540, visitato il 2 aprile 2021,
11. Finkelman P., “Slavery in the United States: Persons or Property?”, in The Legal Understanding of Slavery: From the Historical to the Contemporary, Allain J. (a cura di), Oxford University Press, Oxford 2012, 114
12. Il piano di Hamilton prevedeva un’economia fortemente sostenuta dal governo federale. Uno degli scopi principali della Costituzione era quello di dare al governo federale più potere nel sostegno alla nascente economia del Paese.
13. Washington G., “First Annual Address to Congress”, 8 gennaio 1790, American presidency project, University of California Santa Barbara, https://www.presidency.ucsb.edu/documents/first-annual-address-congress-0
14. Miller J.C., The Federalist Era, 1789-1801, 1st ed., Waveland Press, New York 1960, 15-19; Irwin D.A., “The Aftermath of Hamilton’s ‘Report on Manufactures’”, Journal of Economic History, 64, n° 3, settembre 2004, 800-821
15. Gould L.L., Grand Old Party: A History of the Republicans, Oxford University Press, New York 2012, 10-11. Il sistema americano riflette per molti versi la visione di Hamilton circa tariffe protettive combinate con migliorie interne come strade, canali e infine ferrovie. Egli aveva immaginato anche una forma di regolamentazione che non sarebbe stata attuata fino all’amministrazione di Teddy Roosevelt, ossia il controllo di qualità dei prodotti da parte del governo. Chernow R., Alexander Hamilton, Penguin, New York 2005, 378
16. Chang H.J., Kicking Away the Ladder: Development Strategy in Historical Perspective, Anthem Press, Londra 2002
17. Ibidem, 36. Si tratta del 45% del valore dell’oggetto importato.
18. Bairoch P., Economics and World History: Myths and Paradoxes, 1st ed., University of Chicago Press, Chicago 1995, 32-33
19. Skrabec Q.R. Jr, William McKinley: Apostle of Protectionism, Algora Publishing, New York 2007. Questo dibattito specifico sulle tariffe illustra quanto complicata potesse diventare la questione: McKinley voleva abbassare i dazi sullo stagno importato, ma al fine di proteggere e sostenere la nascente industria della latta negli Stati Uniti. In generale, i produttori volevano tariffe basse sui beni importati e alte sui beni fabbricati, per ovvie ragioni.
20. “Republican Party Platform of 1896”, American Presidency Project, https://www.presidency.ucsb.edu/documents/republican-party-platform-1896
21. Gould L.L., Grand Old Party, cit., cap. 6
22. Roy W.G., Socializing Capital: The Rise of the Large Industrial Corporation in America, Princeton University Press, Princeton, NJ, 1999, cap. 3. White R., Railroaded, cit. Per un esempio recente di corruzione, o perlomeno di pratiche di lavoro discutibili, si veda Dorrian P., Mulvaney E., “Union Pacific Disability Bias Class Scrapped by 8th Cir. (2)”, Bloomberg Law, 25 marzo 2020, https://news.bloomberglaw.com/daily-labor-report/union-pacific-disability-bias-class-scrapped-by-eighth-circuit
23. Cartella Presentazione Nicc 11 maggio 1944, box 845, serie III, National association of manufacturers records, accession 1411, Hagley museum and library, Wilmington, DE 19807
24. Wall W.L., Inventing the “American Way”: The Politics of Consensus from the New Deal to the Civil Rights Movement, Oxford University Press, Oxford 2008, 39
25. Ibidem, 18
26. I leader sindacali avevano una propria versione della tesi dell’indivisibilità, secondo la quale se si indeboliscono le libertà dei lavoratori, per esempio il diritto alla sindacalizzazione e alla contrattazione collettiva, si minacciano altri aspetti della democrazia. Si veda Wall W.L., Inventing the “American Way”, cit., 46
27. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, Independent Review, 13, n° 1, estate 2008, 101, https://www.independent.org/publications/tir/article.asp?id=692. Una delle tante ironie di questa storia è che Mises, irremovibile circa il fatto che l’economia dovesse essere scientifica, per tutta la carriera fu finanziato da interessi commerciali che non si preoccupavano di valutare oggettivamente l’impatto delle politiche economiche, ma erano sfacciatamente a favore di politiche favorevoli alle imprese (si noti che Ebeling non fece in modo critico questa affermazione sulla motivazione politica della Camera di commercio!). Allo stesso modo Hayek non sembra preoccuparsi quando gli eventi non confermano le sue previsioni, come nella prefazione all’edizione americana del 1956 di The Road to Serfdom, in cui riconosce che “sei anni di governo socialista in Inghilterra non hanno prodotto nulla di simile a uno Stato totalitario”. Questo potrebbe sembrare un capovolgimento della sua affermazione centrale, ma egli elude la questione con la vaga, non verificata e forse non verificabile affermazione che “il cambiamento più importante che il controllo estensivo del governo produce è un mutamento psicologico, un’alterazione del carattere della gente” (Hayek F.A., The Road to Serfdom: Text and Documents, con prefazione e introduzione di Bruce Caldwell, University of Chicago Press, Chicago 2003, 48). E questo da un uomo che affermava di non sopportare di essere conosciuto più per “un pamphlet” che per il suo “lavoro strettamente scientifico”. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 55
28. Vaughn K.I., Austrian Economics in America: The Migration of a Tradition, Cambridge University Press, Cambridge 1998, cap. 4
29. von Mises L., Socialism: An Economic and Sociological Analysis, Liberty Fund, Indianapolis, IN, 2012
30. Ibidem. Per una discussione sulle simpatie fasciste di Mises da parte di un suo simpatizzante, si veda Raico R., “Mises on Fascism, Democracy, and Other Questions”, Journal of Libertarian Studies, 12, n° 1, 1996, 1-27, https://mises.org/library/mises-fascism-democracy-and-other-questions
31. Encyclopaedia Britannica, “Engelbert Dollfuss”, consultato il 17 febbraio 2021, https://www.britannica.com/biography/Engelbert-Dollfuss. Si veda anche von Mises L., “The Middle of the Road Leads to Socialism”, University Club di New York, 18 aprile 1950, https://mises.org/library/middle-road-leads-socialism
32. Burgin A., The Great Persuasion: Reinventing Free Markets since the Depression, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2012, 1-3, citazione sulla fine del laissez-faire a p. 3; Carter Z.D., The Price of Peace: Money, Democracy, and the Life of John Maynard Keynes, Random House, New York 2020, 150-152. Si veda anche Hendrickson M., American Labor and Economic Citizenship: New Capitalism from World War I to the Great Depression, Cambridge University Press, New York 2013. Hendrickson sottolinea che Herbert Hoover non promosse l’individualismo del laissez-faire, ma il “corporativismo volontario”.
33. Vaughn K.I., Austrian Economics in America, cit., 66. Dieter Plehwe lo formula bene per quanto concerne la fine degli anni Trenta: “Il messaggio centrale [della] superiorità dell’economia di mercato sull’intervento statale [era] un principio che era (a dir poco) in bilico nel profondo della Grande depressione”. Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit. All’inizio degli anni Quaranta, la situazione non era cambiata di molto in questo senso.
34. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, cit., 104. Si trattava di una svolta importante rispetto alle teorie del XIX secolo, in particolare quelle sul valore del lavoro. Si veda Mazzucato M., The Value of Everything: Making and Taking in the Global Economy, 1a ed. Usa, Public Affairs, New York 2018
35. Boettke P.J., “The Significance of Mises’s ‘Socialism’”, Foundation for economic education, 1° settembre 2016, https://fee.org/articles/the-significance-of-misess-socialism/. La Foundation for economic education (Fee) riassume così l’argomento: “Senza un mercato per le risorse produttive, non ci saranno prezzi monetari stabiliti sul mercato [e] senza i prezzi monetari, che riflettono la scarsità relativa di diversi beni e servizi, non ci sarà modo per i responsabili delle decisioni economiche di impegnarsi in un calcolo economico razionale [...] Se non hanno la capacità di effettuare calcoli economici razionali, i decisori economici inciampano e brancolano nel buio”. Non può quindi esistere una pianificazione economica sensata, perché non si possono prendere decisioni sensate quando mancano le informazioni su cui tali decisioni devono basarsi. “Il socialismo come sistema economico razionale”, conclude Mises, è quindi “impossibile”. Eppure, ciò che il socialismo non può conseguire “il capitalismo lo realizza ogni giorno”, attraverso il meccanismo dei mercati. Così recita la teoria.
36. Ibidem.
37. Eow G.T., “Fighting a New Deal: Intellectual Origins of the Reagan Revolution, 1932-1952”, tesi di dottorato, Rice University, Houston 2007, 140
38. Bien Greaves B., “Remembering Henry Hazlitt”, Freeman, 27 luglio 2007, https://mises.org/library/remembering-henry-hazlitt
39. Boudreaux D.J., “An Interview with Henry Hazlitt [Full Edition of Vol. 5, No. 1]”, Austrian Economics Newsletter, 5, n° 1, primavera 1984, https://mises.org/library/interview-henry-hazlitt-full-edition-vol-5-no-1; Bien Greaves B., “Remembering Henry Hazlitt”, cit.
40. Molti dei contemporanei di Mises, tra cui Henry D. Dickinson e Oskar Lange, sostenevano che la differenza tra un’economia pianificata e un libero mercato si riduceva a chi era responsabile della corrispondenza tra prezzi e valori. Se c’era un’eccedenza o una carenza di beni, si poteva segnalare ai pianificatori che il prezzo doveva essere adeguato, proprio come accadeva in un mercato libero. La questione reale non sarebbe l’informazione, ma la flessibilità, l’adattabilità e la reattività: la pianificazione potrebbe funzionare se i responsabili prestassero attenzione a ciò che accade sul campo e vi rispondessero (in sostanza, Lange sosteneva quello che nell’ambientalismo sarebbe stato conosciuto come gestione adattiva). Si potrebbe anche dire che dipenda dall’onestà; in Unione Sovietica, le pressioni politiche portavano a resoconti non veritieri sulla produzione economica. La pianificazione fallirebbe necessariamente di fronte a questa disonestà. Per maggiori informazioni su Lange e sulla risposta di Hayek, si veda Caldwell B., “Hayek and Socialism”, Journal of Economic Literature, 35, n° 4, 1997, 1862-1863
41. Questo problema ci sembra così ovvio che siamo un po’ perplessi sul perché non venga evidenziato nelle discussioni su Mises, ma d’altronde gran parte della letteratura su Mises è scritta dai suoi difensori. Questa critica a Mises (e a Milton Friedman) si può trovare alla voce di Wikipedia “Authoritarian Socialism”, Wikipedia, 25 febbraio 2021, https://en.wikipedia.org/w/index.php?title=Authoritarian_socialism
42. È anche interessante che Mises, che scriveva all’inizio degli anni Venti ed era in parte ebreo, ignorasse il sionismo e il movimento dei kibbutz. I primi kibbutzim erano socialisti, ma non avevano una pianificazione centralizzata. Anche se la visione sionista-socialista non proseguì nel modo in cui i suoi fondatori avevano immaginato, le ragioni avevano poco o nulla a che fare con l’inefficienza, tanto meno con l’“impossibilità” (sulla storia del movimento dei kibbutz, si veda Abramitzky R., The Mystery of the Kibbutz: Egalitarian Principles in a Capitalist World, Princeton University Press, Princeton, NJ, 2018; Halamish A., Kibbutz: Utopia and Politics: The Life and Times of Meir Yaari, 1897-1987, ed. illustrata, Academic Studies Press, Boston 2017). Un’altra variante che Mises e i suoi seguaci trascurarono fu il socialismo religioso, talvolta chiamato anche socialismo protestante, di Paul Tillich, che aveva sviluppato le proprie idee all’incirca nello stesso periodo di Mises, a partire dall’esperienza della Prima guerra mondiale. Si veda Dorrien G., “Religious Socialism, Paul Tillich, and the Abyss of Estrangement”, Social Research: An International Quarterly, 85, n° 2, 2018, 425-52; Norman K., Bess-Washington A., “Tillich and Socialism”, Paul Tillich Resources, visitato il 18 febbraio 2021, https://people.bu.edu/wwildman/tillich/resources/popculture_tillichandsocialism.htm; Stumme J.R., Socialism in Theological Perspective: A Study of Paul Tillich, 1918-1933, Scholars Press, Missoula, MT, 1978
43. Dorrien G., Economy, Difference, Empire: Social Ethics for Social Justice, Columbia University Press, New York 2010, 87
44. Ibidem, 88
45. Ibidem, 89. Pur essendo ostile alla religione organizzata, Eugene Debs vedeva il suo socialismo come espressione dei valori cristiani. Si veda Debs E., “Eugene Debs sulla vera religione di Gesù”, lettera del dicembre 1914, ristampata su Jacobin, 25 dicembre 2020, https://www.jacobinmag.com/2020/12/eugene-debs-christmas-jesus-prisoner-letter; “Inmate No. 9756”, The Terre Haute Tribune, 17 dicembre 1914, 4; Dorn J.H., “‘In Spiritual Communion’: Eugene V. Debs and the Socialist Christians”, Journal of the Gilded Age and Progressive Era, 2, n° 3, 2003, 303-325
46. Dorrien G., Economy, Difference, Empire, cit., 90
47. Thomas riteneva che le industrie essenziali e i monopoli nazionali dovessero essere nazionalizzati, ma che le industrie non essenziali dovessero rimanere in mani private (Dorrien G., Economy, Difference, Empire, cit., 104). Per molti aspetti, le prime posizioni politiche di Thomas sulle questioni interne non erano molto diverse da quelle di Teddy Roosevelt. Tuttavia, per quanto riguarda la politica estera, in particolare la Prima guerra mondiale, le loro posizioni divergevano radicalmente: Roosevelt spingeva affinché gli Stati Uniti partecipassero al conflitto in Europa e Thomas incoraggiava la resistenza alla coscrizione da parte dei lavoratori americani. Quest’ultimo rimase contrario alla guerra per tutta la vita, anche se accettò con riluttanza l’intervento degli Stati Uniti nella Seconda guerra mondiale come necessario per prevenire la diffusione del fascismo, e poi di nuovo in Corea per contrastare l’espansione comunista in Asia (Dorrien G., Economy, Difference, Empire, cit., 105-6).
48. Dorrien G., Economy, Difference, Empire, cit., 88. Altri ovviamente non sono d’accordo. Dorrien nota che alcuni socialisti di spicco divennero di fatto dei New Dealers (93). Thomas riteneva che il New Deal “usasse il denaro pubblico e il potere del governo federale per sostenere le imprese private in nome del profitto privato”, una lamentela con cui Mises avrebbe potuto concordare. Tuttavia, a differenza di Mises, Thomas riteneva che il New Deal avesse puntellato il capitalismo invece di modificarlo nell’interesse pubblico (94-95). Dopo la Seconda guerra mondiale, Thomas si fece portavoce di un “anticomunismo progressista” (104).
49. In questo movimento spiccano in particolare padre Coughlin, Charles Lindbergh e i loro seguaci. Si veda anche Il complotto contro l’America, romanzo del 2004 di Phillip Roth che, pur essendo di fantasia, si basa in gran parte su personaggi storici. Le trasmissioni di Coughlin piacevano sia a Hitler sia all’imperatore giapponese Hirohito. Il suo programma radiofonico e la sua newsletter furono infine cancellati dall’amministrazione Roosevelt nel 1939, dopo lo scoppio della guerra in Europa, ma ciò, ancora una volta, aveva a che fare più con la guerra che con la pianificazione centrale.
50. “Charles Lindbergh and the Rise of 1940s Nazi Sympathizers”, Smithsonian, visitato l’11 marzo 2021, https://www.smithsonianmag.com/videos/charles-lindbergh-and-the-rise-of-1940s-nazi-s/. Sull’idea che gli americani degli anni Trenta fossero più propensi a rivolgersi al fascismo che al comunismo, si veda Dorrien G., Economy, Difference, Empire, cit., cap. 5 “Norman Thomas and the Dilemma of American Socialism”.
51. Cartella Public Relations Publications August 28, 1939, box 111, serie I, National association of manufacturers records, accession 1411, Hagley museum and library, Wilmington, DE 19807
52. Sargent N., “The Case Against Socialism, with Particular Analysis of the Views of Norman Thomas”, National association of manufacturers, 18 aprile 1933, cartella Socialism, box 6, series I, National association of manufacturers records, accession 1411, Hagley museum and library, Wilmington, DE 19807
53. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, cit., 103
54. Eow G.T., “Fighting a New Deal”, cit., 135-142
55. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, Ludwig von Mises Institute, Auburn, AL, 2007, 822-823
56. Weeks L., “The 1940 Census: 72-Year-Old Secrets Revealed”, NPR.org, 2 aprile 2012, https://www.npr.org/2012/04/02/149575704/the-1940-census-72-year-old-secrets-revealed
57. “Fu richiamato [dal servizio prestato durante la Prima guerra mondiale a Londra e Berlino] da Herbert Hoover negli Stati Uniti dove, come membro principale della U.S. Food Administration, coordinò l’acquisto e la distribuzione di oltre cinque miliardi di dollari (quasi 34 tonnellate) di cibo di produzione americana agli alleati dell’Europa occidentale e orientale e alla Russia. Mullendore scrisse la storia ufficiale e dettagliò l’intricata documentazione di questo periodo di ricostruzione in un libro, The History of the U.S. Food Administration, pubblicato nel 1921”. William C. Mullendore Papers, 1930-1968, Archives West, consultato il 5 febbraio 2021, http://archiveswest.orbiscascade.org/ark:/80444/xv02410#historicalID
58. McKay J., “Crusading for Capitalism: Christian Capitalists and the Ideological Roots of the Conservative Movement”, tesi di dottorato, University of Wisconsin-Madison, 2015, 88. Si veda anche Eow G.T., “Fighting a New Deal”, cit., 114-17; Machan T., “A Rare and Insightful Interview with Leonard Read”, Reason, aprile 1975, https://infinitebanking.org/banknotes/a-rare-and-insightful-interview-with-leonard-read/
59. McKay J., “Crusading for Capitalism”, cit., 143
60. William C. Mullendore Papers, 1930-1968, cit.
61. Nel 1946 Hazlitt pubblicò una polemica sul libero mercato, Economics in One Lesson, Harper and Brothers, New York 1946. In questo primo elenco di collaboratori della Foundation for economic education manca Ayn Rand, che era un’atea militante e rifiutava l’abbraccio della Fee al libertarismo cristiano. Si veda Eow G.T., “Fighting a New Deal”, cit., 154-55; Burns J., Goddess of the Market: Ayn Rand and the American Right, Oxford University Press, Oxford 2009; si veda il capitolo 8 di questo volume.
62. Lopez G.A., et al. (a cura di), The Conservative Press in Twentieth-Century America, Greenwood Publishing Group, Westport, CT, 1999, 321-323. Si veda anche McKay J., “Crusading for Capitalism”, cit., 84-85; Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 97-104 e capitolo 11
63. Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 27; McKay J., “Crusading for Capitalism”, cit., 87
64. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 823. Egli approfondisce: “Read [...] rimase molto colpito da ciò che aveva visto e sentito. Un anno dopo si trasferì a New York e fondò la madre di tutti i think tank liberisti in collaborazione con Mises. Il sodalizio sarebbe durato per il resto della vita di Mises”. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 826. Nel 1945 circa, Read si era stancato di alcuni gruppi imprenditoriali che vedeva impegnati ad ascoltare “entrambe le parti” delle questioni. Read non era interessato all’“altra parte”. Voleva vincere la battaglia contro l’intervento del governo e il modo per farlo non era ascoltare, ma parlare e scrivere. Fu questa convinzione che lo portò, nel 1946, a fondare la Fee, il cui scopo era la promozione della “tesi della libertà”, ovvero che la libertà politica e quella economica andavano di pari passo; un partner chiave in questo lavoro era Mises. Gli opuscoli che la Fee distribuiva e le conferenze che organizzava avrebbero promosso il pensiero di Mises e di altri “campioni del liberalismo classico”.
65. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 851
66. Eow G.T., “Fighting a New Deal”, cit., 133-134. Tra l’altro, Sumner, morto nel 1910, era stato un oppositore del concetto illuminista di “diritti naturali”, e aveva scritto: “Davanti al tribunale della natura un uomo non ha maggiore diritto alla vita di un serpente a sonagli; non ha più diritto alla libertà di una qualsiasi bestia selvatica; il suo diritto alla ricerca della felicità non è altro che una licenza a sostenere la lotta per l’esistenza”. Sumner W.G., Earth-Hunger and Other Essays, HardPress Publishing, New York 2013 (ed. originale Yale University Press, 1913), 234
67. Eow G.T., “Fighting a New Deal”, cit., 132
68. Ibidem, 146.
69. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 846
70. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 846 fn. 17; Nash G.H., The Conservative Intellectual Movement in America Since 1945, 30th anniv. ed., Intercollegiate Studies Institute, Wilmington, DE, 2006, 13, 351. Si veda anche Hamilton C.H., “The Freeman: The Early Years”, in The Conservative Press in Twentieth-Century America, Lora R., Longton W.H. (a cura di), Greenwood, Londra 1999
71. Vaughn K.I., Austrian Economics in America, cit., 64; North G., “Leonard E. Read’s Small-Tent Strategy”, LewRockwell (blog), 7 agosto 2002, https://www.lewrockwell.com/2002/08/gary-north/the-small-tent-strategy/
72. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, cit., 100. Si veda anche Gordon D., recensione di “Austrian Economics in America: The Migration of a Tradition, by Karen Vaughn”, Mises Review, 1, n° 3, autunno 1995, https://mises.org/library/austrian-economics-america-migration-tradition-karen-vaughn. Come nota Vaughn in Austrian Economics in America (cit.), negli anni Cinquanta e Sessanta “il seminario di Mises alla New York University divenne più un punto di riferimento per i pensatori conservatori e liberisti [...] che un terreno di formazione per gli economisti contemporanei”.
73. La posizione accademica era particolarmente importante, dato che nel 1948 la Nam si era un po’ stancata di Mises. Il suo studio in due volumi The American Individual Enterprise System, pubblicato nel 1946, era forse un po’ troppo accademico per i loro gusti. Le sue rigide posizioni anti-inflazionistiche potevano risultare stonate, dato che l’inflazione non è mai stata una preoccupazione centrale per l’associazione. Ma la fine del suo rapporto con la Nam non fu affatto la fine dell’influenza di Mises negli Stati Uniti, grazie soprattutto a Hazlitt e Read.
74. Willkie W.L., “Five Minutes to Midnight”, Saturday Evening Post, 22 giugno 1940
75. Hülsmann J.G., Mises: The Last Knight of Liberalism, cit., 822. Hazlitt conosceva Mises da tempo e aveva sposato le sue idee fin dall’inizio o dalla metà degli anni Trenta; è quindi possibile che le argomentazioni della Nam siano state influenzate da Mises prima del suo arrivo negli Stati Uniti. Tuttavia, le prove disponibili sembrano suggerire che i dirigenti dell’associazione non siano giunti alle loro opinioni grazie a Mises; trovarono piuttosto in lui una persona intellettualmente compatibile, in grado di far apparire le loro argomentazioni come qualcosa di più di un semplice interesse personale.
76. Fullerton K., “Calvinism and Capitalism: An Explanation of the Weber Thesis”, in Protestantism and Capitalism: The Weber Thesis and Its Critics, R.W. Green (a cura di), D.C. Heath and Company, Boston 1959, 6-20
77. Weber aveva sviluppato anche una teoria del problema di calcolo economico simile a quella di Mises. Forse la storia non sarebbe stata tanto diversa se Hayek fosse andato in Germania e avesse studiato con Weber prima di morire. Si veda Weber M., Economy and Society: An Outline of Interpretive Sociology, Roth G., Wittich C. (a cura di), University of California Press, Berkeley 1978, 100-103
78. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, cit., 141. Hayek era già stato in contatto con l’economia austriaca, in parte perché suo nonno, Franz von Juraschek, era un economista e amico di Eugen von Böhm-Bawerk, considerato insieme a Carl Menger il cofondatore della scuola austriaca (Hayek era anche cugino di Wittgenstein). Quando Menger era andato in pensione, era stato sostituito all’Università di Vienna da Friedrich von Wieser, che presentò Hayek a Mises. Von Wieser fu consigliere di ricerca di Hayek, ma fu Mises a influenzare in modo più evidente il suo lavoro.
79. Ebeling R.M., “The Life and Works of Ludwig von Mises”, cit., 100
80. von Hayek F.A., et al., The Collected Works of F. A. Hayek, University of Chicago Press, Chicago 1989, 202. Si veda anche la discussione in Hayek F.A., “Letters to the Editor: Liberal pact with Labour”, Times, Londra, 31 marzo 1977, 15. Hayek è preoccupato che la pianificazione governativa possa incrementare le pratiche monopolistiche, ma è stranamente disinvolto riguardo agli effettivi monopoli che si sono sviluppati negli Stati Uniti tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, con poco o nessun aiuto da parte del governo. Si veda Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 93
81. Esiste ancora oggi come “istituto leader per la ricerca economica empirica applicata in Austria”, “Mission und Leistungsspektrum: WIFO”, consultato il 23 febbraio 2021, https://www.wifo.ac.at/jart/prj3/wifo/main.jart?rel=de&reserve-mode=active&content-id=1579496417859
82. Sul trasferimento di Hayek alla London school of economics, si veda Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 3. Caldwell nota nella prefazione che il 1931 fu un anno spaventoso nel Regno Unito, con l’aggravarsi della Depressione, l’abbandono del gold standard da parte del governo, il crollo del governo laburista e l’imposizione di tariffe protezionistiche. Con il senno di poi, sembra che gli economisti conservatori avessero ragione a sostenere la necessità di non ricorrere al protezionismo.
83. Amadeo K., “Compare Today’s Unemployment with the Past”, The Balance, consultato il 23 febbraio 2021, https://www.thebalance.com/unemployment-rate-by-year-3305506
84. Middleton R., “British monetary and fiscal policy in the 1930s”, Oxford Review of Economic Policy, 26, n° 3, autunno 2010, 414-441
85. Milton Friedman, intervista di Gene Epstein, Barron’s, 24 agosto 1998, https://mises.org/library/business-cycles. Gli economisti hanno discusso se l’evidenza empirica sostenga o confuti la tesi della scuola austriaca, ma in tutto lo spettro politico, da John Quiggin e Paul Krugman a Milton Friedman e Gottfried von Haberler, hanno criticato la teoria austriaca dei cicli economici per la sua incompletezza e per l’adesione alla teoria dell’inevitabilità del collasso finanziario ciclico.
86. I saggi della Collectivist Economic Planning di Hayek segnalano la più ampia critica alla pianificazione centrale che Hayek presenta in The Road to Serfdom. Si veda Hayek F.A., et al., Collectivist Economic Planning, Hayek F.A. (a cura di), Mises Institute, Auburn, AL, 2009
87. French D., “Hayek and Mises”, in Hayek: A Collaborative Biography: Part 1 Influences, from Mises to Bartley, Leeson R. (a cura di), Archival Insights into the Evolution of Economics Series, Palgrave Macmillan UK, Londra 2013, 83. Si veda anche Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 11-12
88. Questo non significa che il Nobel sia in qualche modo apolitico. Si veda Tankus N., “The Economics ‘Nobel’ Prize is Central Bank Fiscal Policy”, Substack, 31 ottobre 2020, https://nathantankus.substack.com/p/the-economics-nobel-prize-is-central; il comitato del Nobel ha citato sia il suo lavoro economico che quello “interdisciplinare”. Si vedano Carter Z.D., The Price of Peace (cit.) e la dichiarazione di Carter del 2021 secondo cui la Friedmanomics è finalmente morta, lasciando “un’eredità di rovine”, Carter Z.D., “The End of Friedmanomics”, New Republic, 17 giugno 2021, https://newrepublic.com/article/162623/milton-friedman-legacy-biden-government-spending
89. Garrison R.W., “F.A. Hayek as ‘Mr. Fluctooations’: In Defense of Hayek’s ‘Technical Economics’”, Hayek Society Journal (LSE), 5, n° 2, 2003, 1
90. “Per raggiungere i propri scopi, i pianificatori devono creare un potere – un potere sugli uomini esercitato da altri uomini – di una portata mai conosciuta prima. La democrazia è un ostacolo a questa soppressione della libertà che la direzione centralizzata dell’attività economica richiede. Da qui nasce lo scontro tra pianificazione e democrazia”. Hayek F.A., The Road to Serfdom: Reader’s Digest Condensed Version, Cromwell Press, Trowbridge 1999, 32. Per ulteriori approfondimenti e per il modo in cui Friedman riprendeva l’argomento, tanto da chiamarlo “ipotesi Hayek-Friedman”, nonché per una discussione sul perché Friedman potesse tollerare l’autoritarismo come fece in Cile, si veda Hindermann C.M., The Impact of Economic Freedom on State Legitimacy: An Empirical Investigation, Springer Gabler, New York 2018, 175
91. Willkie W.L., “Five Minutes to Midnight”, cit.
92. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 136
93. Tra i molti influenzati da questo argomento vi è David Bloor, uno dei fondatori degli studi scientifici. Ispirandosi a Mises, ha sostenuto che i termini e le teorie scientifiche non hanno un significato “reale” al di fuori del contesto in cui vengono utilizzati: “La nozione di ‘significato reale’ di un concetto o di un segno merita lo stesso disprezzo che gli economisti riservano alla nozione obsoleta e non scientifica di prezzo ‘reale’ o ‘giusto’ di una merce”, scrive Bloor. “L’unico prezzo reale è quello pagato nel corso delle transazioni reali che procedono a seconda dei casi. Non esiste uno standard al di fuori di queste transazioni”. Bloor D., Wittgenstein, Rules and Institutions, Routledge, Londra 1997, 76-77. Si vedano anche Bloor D., The Enigma of the Aerofoil: Rival Theories in Aerodynamics, 1909-1930 University of Chicago Press, Chicago 2011; Baker E., Oreskes N., “It’s No Game: Post-Truth and the Obligations of Science Studies”, Social Epistemology Review and Reply Collective, 6, n° 8, 2017, 1-10. Siamo d’accordo sul fatto che non esistono valori assoluti in economia e verità assolute nella scienza, ma non riusciamo a capire come questo porti alla conclusione che i governi non dovrebbero intervenire nei mercati allo scopo di proteggere i lavoratori, vietare il lavoro minorile, impedire pratiche commerciali non competitive, vietare la pubblicità ingannevole, affrontare il cambiamento climatico o rimediare in altro modo al fallimento del mercato.
94. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 110
95. Hayek F.A., prefazione all’edizione americana del 1956, in Caldwell B., The Road to Serfdom: Text and Documents, University of Chicago Press, Chicago 2003, 50. Gli studiosi hanno discusso sul significato della parola “inevitabile” negli scritti di Hayek e se passaggi come questo debbano essere letti come avvertimenti o previsioni. Siamo d’accordo con la tesi che le affermazioni di Hayek non debbano essere lette come previsioni in senso formale: egli pensa certamente che ci sia ancora tempo per cambiare rotta; in questo senso il suo lavoro è chiaramente inteso come un avvertimento. D’altra parte, sia in The Road to Serfdom sia altrove, ha sostenuto che anche modesti interventi nell’economia secondo le linee socialdemocratiche ci portano sulla strada della schiavitù, e questo è il modo in cui la maggior parte dei suoi seguaci, a torto o a ragione, lo ha interpretato. Per entrare nel merito di questa discussione, si veda Farrant A., McPhail E., “Hayek, Samuelson and the logic of the mixed economy?”, Journal of Economic Behavior and Organization, 69, 2009, 5-16
96. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 8
97. Hazlitt H., “Economic Planning as Panacea”, New York Times, 1° agosto 1937, 82
98. Fèvre R., “Denazifying the Economy: Ordoliberals on the Economic Policy Battlefield (1946-1950)”, History of Political Economy, 50, n° 4, 2018, 679-707
99. Caldwell osserva che durante gli anni della guerra, quando alla maggior parte dei suoi colleghi della London school of economics fu chiesto di assistere il governo, ad Hayek non fu chiesto, con suo grande dispiacere (Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 10). Ciò ricorda gli scienziati stranieri negli Stati Uniti, per esempio Harald Sverdrup. Si veda Oreskes N., Science on a Mission: How Military Funding Shaped What We Do and Don’t Know about the Ocean, University of Chicago Press, Chicago 2021. Sverdrup finì per tornare in Norvegia; Hayek, a quanto pare, si ritrovò pieno di risentimento, il che potrebbe spiegare alcune cose.
100. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 30
101. Caldwell discute questa analisi alle pp. 24-27; in particolare, le critiche dei “socialisti del mercato”. Egli suggerisce che il motivo per cui Hayek non ha trattato in The Road to Serfdom gli argomenti contro il socialismo del mercato sia che il libro non era rivolto principalmente agli economisti. Ciò è in linea con la nostra lettura secondo cui The Road to Serfdom è principalmente politico, non economico. Caldwell respinge anche l’idea che Hayek insista su una sorta di tesi dell’inevitabilità, ma le parole dello stesso Hayek smentiscono questa interpretazione. Aveva infatti scritto nell’edizione originale che “la stretta interdipendenza di tutti i fenomeni economici rende difficile fermare la pianificazione proprio dove vogliamo e, una volta che il libero funzionamento del mercato è ostacolato oltre un certo grado, il pianificatore sarà costretto a estendere i propri controlli fino a quando non diventeranno onnicomprensivi” (137). Così, mentre l’economista austriaco chiarisce di ritenere che l’ascesa del totalitarismo sia, nella maggior parte dei casi, una conseguenza non voluta delle politiche socialiste, nella misura in cui equipara il socialismo alla pianificazione centrale ribadisce l’inevitabilità che Caldwell insiste nel sostenere che non intendeva dire. Ma questa affermazione è smentita dalla sua frase sulle “inevitabili conseguenze della pianificazione socialista”, citata nella prefazione all’edizione del 1956 (si veda nota 95). Nell’edizione del 1976 Hayek sostiene inoltre che, all’epoca in cui scriveva, la parola socialismo “significava inequivocabilmente la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e la pianificazione economica centrale che la rendeva possibile e necessaria” (54). Questa affermazione è palesemente falsa e ci si chiede se Hayek stesse parlando in buona fede o meno. Forse stava semplicemente cercando di trovare una spiegazione plausibile del perché lui – un uomo che si vantava del carattere scientifico del suo lavoro e le cui opinioni sulla scienza erano state cambiate dall’amicizia con Karl Popper – si aggrappasse a un’argomentazione che nel 1976 si era dimostrata falsa (su Hayek e Popper si veda Shearmur J., “Popper, Hayek, and Classical Liberalism”, 1° febbraio 1989, https://fee.org/articles/popper-hayek-and-classical-liberalism/
102. Ptak R., “Neoliberalism in Germany: Revisiting the Ordoliberal Foundations of the Social Market Economy”, in Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 98
103. Ciò premesso, negli anni Trenta i nazisti dirigevano effettivamente l’economia tedesca e molti “ordoliberali” tedeschi e austriaci, che sostenevano il ruolo essenziale dello Stato per proteggere la concorrenza in un’economia di mercato, erano preoccupati da ciò che consideravano come un indebolimento della separazione istituzionale delle diverse sfere d’azione. Lo storico Harro Maas osserva che “regolamentare non è la stessa cosa dell’intervenire. Ma con l’interventismo (keynesiano), tale separazione istituzionale viene violata, ed eccoci sul nostro pendio scivoloso” (Maas H., comunicazione via e-mail, 22 maggio 2021). Questa preoccupazione è aumentata, anziché diminuita, dopo la Seconda guerra mondiale, quando sembrava che molti Paesi europei, in particolare il Regno Unito, si stessero orientando verso una maggiore azione del governo nel mercato e una minore distinzione istituzionale tra i settori governativi e non governativi; si veda Fèvre R., “Denazifying the Economy”, cit., 679-707. Ciò può aiutare a spiegare perché Hayek si concentri così tanto sul nazionalsocialismo e perché i suoi seguaci statunitensi si siano preoccupati di insistere sul fatto che quel termine non era improprio, e che il nazismo era davvero una forma di socialismo (una posizione che quelli di sinistra respingevano del tutto e che forse sembrava più confusa per il pubblico americano che per quello europeo).
104. Lipset S.M., Marks G., “How FDR Saved Capitalism”, Hoover Institution, 30 gennaio 2001, https://www.hoover.org/research/how-fdr-saved-capitalism. I due autori scrivono: “La crisi economica degli anni Trenta fu più grave negli Stati Uniti che in qualsiasi altra grande società, ad eccezione della Germania. Offrì ai radicali americani la più grande opportunità dalla Prima guerra mondiale di costituire un terzo partito, ma il sistema costituzionale e il modo brillante in cui Franklin Delano Roosevelt cooptò la sinistra lo impedirono. I partiti socialista e comunista videro i propri consensi calare precipitosamente nelle elezioni del 1940. Gli Stati Uniti uscirono dalla Grande depressione come il Paese più antistatalista del mondo”. Questo è un punto interessante, ma probabilmente falso. L’antistatalismo americano ha preso piede solo dopo Richard Nixon. Per una discussione sull’ascesa dell’antistatalismo repubblicano, si veda la parte III di questo libro.
105. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 86
106. Ibidem, 85
107. Ibidem, 86-87
108. Ibidem, 118
109. Ibidem.
110. Ciò spiega perché i conservatori cercano di negare o minimizzare i costi sociali di un problema come il cambiamento climatico.
111. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 147-48
112. Ibidem, 148-49. Hayek cerca di chiarire quella che a suo avviso è la distinzione tra richieste legittime e illegittime di sicurezza economica. Il succo sembra essere che, mentre le difficoltà temporanee veramente inaspettate ed eccezionali potrebbero meritare l’intervento del governo, i normali alti e bassi di un sistema competitivo non lo richiedono. Le differenze salariali generali, per esempio, sono necessarie in un sistema competitivo. La delocalizzazione dovuta all’automazione è solo una cosa triste, persino “tragica”, ma non è necessariamente motivo di intervento da parte del governo. Qualsiasi sistema di reddito garantito, inoltre, eliminerebbe i necessari incentivi di un sistema competitivo (149-151). Qui emerge l’argomento dell’importanza di un sistema di prezzi: se gli impieghi non fossero pagati in modo diverso, i lavoratori non saprebbero quali sono quelli più apprezzati dalla società. È vero, ma questo presuppone che i lavoratori abbiano la libertà, la conoscenza e i mezzi generali per cambiare lavoro, cosa che nel 1944 spesso non accadeva (e potrebbe non accadere nemmeno oggi). Inoltre, si presuppone che il sistema dei prezzi rifletta accuratamente il valore dato dalla società a ogni impiego, il che, quando si confrontano insegnanti e chirurghi plastici, potrebbe non essere un’ipotesi difendibile.
113. Ibidem, 88
114. Ibidem.
115. Ibidem.
116. La Fee aveva utilizzato questo argomento per spiegare perché Hayek si sarebbe opposto all’Affordable care act del 2010. Si veda Hunter B., “Hayek Warned Us About Obamacare”, 20 ottobre 2017, https://fee.org/articles/hayek-warned-us-about-obamacare/
117. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 102
118. Ranelagh J., Thatcher’s People, Flamingo, Londra 1992, ix
119. Beck G., “The Road to Serfdom”, Fox News Network, 8 giugno 2010, https://www.youtube.com/watch?v=CMk5_4pBlfM; Beck G., “The Road to Serfdom”, Fox News, pubblicato il 1° gennaio 2009, aggiornato il 25 maggio 2015, https://www.foxnews.com/story/the-road-to-serfdom; Hannan D., The New Road to Serfdom: A Letter of Warning to America, 1st ed., Harper, New York 2010; Harcourt B., “How Paul Ryan Enslaves Friedrich Hayek’s The Road to Serfdom”, Guardian, 12 settembre 2012, http://www.theguardian.com/commentisfree/2012/sep/12/paul-ryan-enslaves-friedrich-hayek-road-serfdom; Limbaugh R., “Rush Limbaugh on Brooks, Hayek & Obama”, Taking Hayek Seriously (blog), 25 febbraio 2009, visitato il 23 marzo 2022, http://hayekcenter.org/?p=360; “Ted Cruz: GOP Did ‘Weepingly Terrible Job’ Defining Itself to Hispanics, Minorities”, visitato il 16 febbraio 2021, https://www.cruz.senate.gov/?p=news&id=391
120. Berry J.M., Sobieraj S., The Outrage Industry: Political Opinion Media and the New Incivility, Oxford University Press, New York 2016, 112. Si veda anche Boudreaux D.J., “Learning to Love Insider Trading”, Wall Street Journal, 24 ottobre 2009, https://www.wsj.com/articles/SB10001424052748704224004574489324091790350
121. “NR’s List of the 100 Best Non-Fiction Books of the Century”, National Review, 17 marzo 2011, https://web.archive.org/web/20110317101120/http://old.nationalreview.com/100best/100_books.html
122. Si veda anche Cox H., The Market as God, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2016. Non sono solo gli ideologi a citare Hayek come fonte di influenza e ispirazione: quando Hayek ricevette la Presidential medal of freedom nel 1991, il presidente George H.W. Bush definì The Road to Serfdom un libro che “continua a entusiasmare i lettori di tutto il mondo”. Heaton G., “F.A. Hayek and the Presidential Medal of Freedom”, Sothebys, 8 marzo 2019, https://www.sothebys.com/it/articles/f-a-hayek-and-the-presidential-medal-of-freedom. Qualche anno prima, Ronald Reagan aveva accolto Hayek alla Casa Bianca e gli aveva regalato un paio di gemelli presidenziali. Larry Summers, presidente emerito della Harvard University ed ex Segretario al Tesoro degli Stati Uniti sotto Barack Obama, ha paragonato Hayek ad Adam Smith, suggerendo che la lezione più importante dell’economia è che “la mano invisibile” del mercato “è più potente della mano nascosta” dell’intervento governativo. Che cosa ha imparato Summers da Hayek? “Le cose accadranno con sforzi ben organizzati, senza necessità di direzione, controlli, piani. Questo è il consenso degli economisti. Questa è l’eredità di Hayek”. Summers è citato in Carruthers B.G., Babb S.L., Economy/Society: Markets, Meanings, and Social Structure, SAGE Publications, New York 2013, 175. In realtà, l’eredità di Hayek è molto più complessa. Oltre all’uso che ne fa per giustificare le posizioni libertarie estreme, l’ex liberista Niskanen Center invoca Hayek per sostenere un reddito di base universale, che, ironia della sorte, era propugnato anche da Milton Friedman. Zwolinski M., “Hayek, Republican Freedom, and the Universal Basic Income”, Niskanen Center, 6 novembre 2019, https://www.niskanencenter.org/hayek-republican-freedom-and-the-universal-basic-income/. Si veda qui un’altra rivalutazione di Hayek da parte del Niskanen: Levy J.T., “The Shortcut to Serfdom”, Niskanen Center, 16 maggio 2017, https://www.niskanencenter.org/the-shortcut-to-serfdom/
123. La citazione completa è questa: “È certamente diventato vero negli [ultimi] decenni del conservatorismo americano, nei quali, è noto, si legge The Road to Serfdom, si leggono Hayek o von Mises. Si partecipa a un paio di conferenze alla Cato e si pensa di essere liberisti e di aver capito che il mondo è come una specie di teoria del tutto senza soluzione di continuità. Poi ci si ritrova a discutere di privatizzare i marciapiedi...”. Gray F., “Tucker Carlson: ‘We Aren’t Very Good at Talking about Death’”, Spectator, 27 marzo 2020, https://spectator.us/life/tucker-carlson-interview-good-talking-death/
124. Wapshott N., Keynes Hayek: The Clash That Defined Modern Economics, W.W. Norton, New York 2011, 291; Harcourt B., “How Paul Ryan Enslaves Friedrich Hayek’s The Road to Serfdom”, cit.
125. Anche Bruce Caldwell sottolinea questo punto nell’introduzione alla sua edizione del 2003 di The Road to Serfdom di Hayek (cit.)
126. Caldwell B., nell’introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 2, vede una risposta nel fatto che Hayek modificò le proprie opinioni negli anni successivi e per molti versi divenne più “reazionario”. Senza dubbio è vero, ma ci sembra più importante considerare quale versione di Hayek abbia raggiunto il maggior numero di persone. Ebenstein L., in Chicagonomics: The Evolution of Chicago Free Market Economics, St. Martin’s, New York 2015, x, suggerisce che sia il punto di vista successivo di Friedman sia quello di Hayek dovrebbero essere “scartati per le loro opinioni più recenti e moderate”. Ebenstein potrebbe avere ragione, ma è interessante che mentre la maggior parte delle persone diventa più moderata con l’età, con i due economisti non è pienamente avvenuto.
127. Ebenstein L., Chicagonomics, cit., 16
128. Ramsey D.P., “The Role of the Supreme Court in Antitrust Enforcement”, tesi di dottorato, Baylor University 2010, 135
129. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 1. Per conquistare il pubblico americano, gli editori ritennero di dover affidare la prefazione a un conservatore di spicco e chiesero prima al giornalista e commentatore sociale conservatore Walter Lippman e poi a Wendell Willkie. Entrambi rifiutarono; Chicago scelse quindi John Chamberlain, che negli anni Trenta era stato il principale recensore di libri del New York Times.
130. Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 41
131. Hazlitt H., “An Economist’s View of ‘Planning’; Regimentation on the Fascist Model, Says Dr. Hayek, Can Evolve from It: The Road to Serfdom by Friedrich A. Hayek. With a Foreword by John Chamberlain. 250 Pp. Chicago: University of Chicago Press. $2.75. ‘Planning’”, New York Times, 24 settembre 1944
132. Per quanto l’argomentazione di Hayek assuma una forma predittiva, è giusto sottolineare che solo pochi anni dopo la pubblicazione di The Road to Serfdom la Svezia e altri Paesi europei sperimentarono il socialismo – e in effetti molti considerano la Svezia socialista – ma non assassinarono certo i propri cittadini.
133. Orwell G., “Review of The Road to Serfdom by F. A. Hayek, Etc”, in George Orwell: As I Please, 1943-1945, The Collected Essays, Journalism and Letters of George Orwell, vol. 3, 1st ed., Harcourt, San Diego 1968, 3
134. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 136
135. Hayek non affronta il concetto di “dittatura industriale” di Franklin Delano Roosevelt.
136. Questa discussione è particolarmente ironica perché altrove Hayek insiste ad affermare che “Può essere brutto essere un ingranaggio di una macchina impersonale; ma è infinitamente peggio se non possiamo più lasciarla...”. Ma questa era proprio la lamentela dei lavoratori americani nelle company town. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 138
137. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 23-24. Si veda anche Keynes J.M., The Collected Writings, Moggridge D. (a cura di), vol. 27: Activities, 1940-46, Macmillan, Londra 1980, 385-388
138. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 24
139. Ibidem, 2
140. Ibidem, 17
141. Ibidem, 23. Alcuni hanno suggerito che Hayek avesse una visione da “guardiano notturno”, cioè la posizione minimalista secondo cui il ruolo dello Stato è quello di proteggere ogni cittadino dalla violenza, dal furto e da altre forme di violazione da parte degli altri cittadini, e niente di più. Il concetto del “guardiano notturno” è stato sviluppato negli anni Settanta da Robert Nozick nel suo influente libro Anarchy, State, and Utopia (Basic Books, New York 1974), spesso inteso come una confutazione del suo collega di Harvard John Rawls. Uno degli argomenti chiave di Nozick è che se le persone non amano le situazioni in cui si trovano, possono sempre decidere di spostarsi, un argomento che anche Milton Friedman sostiene e la cui arroganza è sorprendente. In ogni caso, la difesa di Hayek delle assicurazioni sociali e della prevenzione dell’inquinamento confuta l’interpretazione circa il “guardiano notturno”.
142. Si tratta di un punto che negli anni Settanta è stato sottolineato con forza dall’economista Paul Samuelson; si veda Farrant A., McPhail E., “Hayek, Samuelson, and the logic of the mixed economy?”, cit., 5-16
143. Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 282. L’autrice si riferisce più in generale alla filosofia del libero mercato alla fine degli anni Quaranta, ma il libro di Hayek era l’espressione più significativa di questa filosofia in quel periodo.
144. Secondo il suo biografo, il rapporto di Mises con la Nam era iniziato nel 1943, e in seguito aveva lavorato per loro come consulente. Se questo è il primo collegamento, l’associazione sviluppò la tesi dell’indivisibilità nel 1937, almeno sei anni prima che Mises iniziasse a collaborare con loro, e l’uso di Hayek da parte della Nam è in questo senso un matrimonio intellettuale di convenienza. D’altro canto, è possibile che i membri dell’associazione fossero a conoscenza delle argomentazioni di Mises attraverso Henry Hazlitt. Il libro di Mises Socialism (cit.) fu pubblicato in inglese nel 1936; Hazlitt lo recensì per il New York Times nel 1938, quindi è probabile che in quegli anni Hazlitt abbia discusso queste idee con i soci della Nam. Per il suo lavoro su Mises, si veda Boettke P.J., “The Significance of Mises’s ‘Socialism’”, cit. Il Mises institute sottolinea la relazione tra Hazlitt e Mises, ma non indica l’anno in cui si incontrarono; si veda “Henry Hazlitt”, testo, Mises institute, 20 giugno 2014, https://mises.org/profile/henry-hazlitt. “Mentre lavorava al New York Times, incontrò l’economista emigrato Ludwig von Mises, di cui aveva ammirato il lavoro. Hazlitt e Mises divennero amici e l’austriaco era entusiasta degli editoriali di Hazlitt contro la pianificazione governativa e spesso lo consultava su questioni editoriali e sulla politica contemporanea. Si dice che Hazlitt abbia persino preparato, su richiesta di Mises, una versione di Human Action come l’avrebbe scritta un giornalista. Mises lo ringraziò, ma rifiutò la maggior parte dei cambiamenti”. Hazlitt fu poi uno dei fondatori del Mises institute. Probabilmente Hazlitt e Mises si incontrarono nel 1940: https://reason.com/1984/12/01/interview-with-henry-hazlitt/
145. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 19
146. Encyclopaedia Britannica, “Max Eastman, American Writer”, 8 gennaio 2021, https://www.britannica.com/biography/Max-Eastman
147. Smith J.Y., “DeWitt Wallace, 91, Dies”, Washington Post, 1° aprile 1981, https://www.washingtonpost.com/archive/local/1981/04/01/dewitt-wallace-91-dies/617d74dc-4f2a-49d5-899a-d22389f33b12/
148. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 19. Sulle scarse aspettative per il libro da parte della University of Chicago Press, si veda Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 41
149. Le truppe che combattevano contro Franco incarnavano 
molte idee, ma non erano fasciste. Sui comunisti tedeschi e sul 
Thaelmann battalion, che combatté contro i fascisti nella guerra civile 
spagnola, si veda “Thaelmann Battalion”, Spartacus Educational, 
consultato l’11 marzo 2021, 
https://spartacus-educational.com/SPthaelmann.htm. Tra le molte canzoni 
popolari della guerra civile spagnola, si ricorda Freiheit!, che celebrava il battaglione Thaelmann: Pete Seeger and Group, Songs of the Spanish Civil War, vol. 1, Folkways records, 1961, https://folkways-media.si.edu/liner_notes/folkways/FW05436.pdf; una strofa recitava: Beat
 the drums, ready the bayonets / Forward, march, victory our reward. / 
With our scarlet banner, smash their columns. / Thaelmann Battalion. 
Ready, forward march.
Silber I., Silber F., Folksinger’s Wordbook, Oak Publications, New York 1973, 304
150. Hayek F.A., The Road to Serfdom: Reader’s Digest Condensed Version, cit., 2
151. Ibidem, 19
152. Ibidem, 13
153. Ibidem, 2
154. Ibidem, 4 e 14
155. Ibidem, 12. L’idea che la libertà sia soprattutto di derivazione anglosassone ha origini lontane: si ritrova in Jefferson, in Ralph Waldo Emerson e in Albert Beveridge, solo per citarne alcuni. Ma questo pedigree non la rende vera. Poiché la democrazia affonda nell’antica Grecia le proprie radici, oltre che il nome, il concetto di “liberi cittadini” non può dirsi particolarmente anglosassone.
156. Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., 156
157. La legge federale Fair labor standards act del 1938, considerata l’ultimo grande risultato legislativo del New Deal, prevedeva una settimana lavorativa di 40 ore, proibiva il lavoro minorile e stabiliva un salario minimo di 25 centesimi all’ora, poi aumentato a 40 centesimi nell’arco di sette anni. Si potrebbe obiettare che un salario minimo interferisce con la concorrenza, ma ciò non risponde a verità se il salario minimo viene applicato in modo equo.
158. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 20
159. Per le opinioni di Hayek su questi temi, si veda Beck N., Hayek and the Evolution of Capitalism, University of Chicago Press, Chicago 2018, 5
160. Hayek F.A., The Road to Serfdom: Reader’s Digest Condensed Version, cit., 111; la trattazione originale si trova in Hayek F.A., The Road to Serfdom, cit., cap. 11. Quanto è ironico il fatto che Hayek abbia inserito una critica della propaganda, per poi essere arruolato come propagandista del capitalismo! Forse prevedeva di essere criticato per questa apparente ipocrisia, perché continua a spiegare che è criticabile solo la propaganda totalitaria, perché “in uno Stato totalitario [...] tutta la propaganda serve allo stesso scopo” (171). Tuttavia, molto di ciò che Hayek dice si applica pienamente alla Nam, per esempio l’idea che il “processo di creazione di un mito per giustificare la propria azione non deve necessariamente essere consapevole” (173). Eppure, come abbiamo visto nel capitolo 3, per la Nam era una strategia davvero consapevole.
161. “The Essence of the Road to Serfdom (in Cartoons!)”, 7 agosto 2015, https://fee.org/articles/the-essence-of-the-road-to-serfdom-in-cartoons/; se Hayek era angosciato dalla semplificazione del suo ragionamento, ciò non gli impedì di continuare a lavorare con la Nam. Nel 1961, partecipò a una conferenza sponsorizzata dall’associazione sul “Spiritual and Moral Significance of Free Enterprise”. Si veda “Proceedings of a Symposium with Felix Morley, Herrell deGraff, F.A Hayek, John Davenport”, 6 dicembre 1961, cartella Publications spiritual and moral significance of free enterprise, box 142, serie I, National association of manufacturers records, accession 1411, Hagley museum and library, Wilmington, DE 19807. Si veda anche F.A. Hayek, “The Moral Element in Free Enterprise”, Foundation for economic education, 1° luglio 1962, https://fee.org/articles/the-moral-element-in-free-enterprise/
162. “The Road to Serfdom in Cartoons”, pubblicato originariamente sulla rivista Look, 1945, riprodotto in un opuscolo pubblicato a Detroit dalla General motors, nella serie “Thought Starter” (n. 118), https://cdn.mises.org/Road%20to%20Serfdom%20in%20Cartoons.pdf
163. Le ironie sono infinite e strazianti. Mentre stavamo scrivendo questo libro, abbiamo notato che la Fee illustra il sito in cui si parla della vignetta di Look con Guernica di Pablo Picasso, che era, ovviamente, un uomo di sinistra e odiava Franco e i suoi alleati industriali. “The Essence of the Road to Serfdom (in Cartoons!)”, 7 agosto 2015, https://fee.org/articles/the-essence-of-the-road-to-serfdom-in-cartoons/
164. Caldwell B., introduzione a The Road to Serfdom: Text and Documents, cit., 22
165. Ibidem.
166. Ibidem.
167. Manduca R., “Selling Keynesianism”, Boston Review, 9 dicembre 2019, http://bostonreview.net/class-inequality/robert-manduca-selling-keynesianism
168. Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 16
169. Hunold A., “How Mises Changed My Mind”, Mont Pelerin Quarterly III, n° 3, ottobre 1961, 16, https://mises.org/library/how-mises-changed-my-mind
170. Nash G.H., citato in Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 16. Nash avrebbe poi scritto The Conservative Intellectual Movement in America Since 1945 (Basic Books, New York 1976). Si veda anche MacLean N., Democracy in Chains: The Deep History of the Radical Right’s Stealth Plan for America, Viking, New York 2017
171. Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 45
172. Wasserman J., The Marginal Revolutionaries: How Austrian Economists Fought the War of Ideas, Yale University Press, New Haven, CT, 2019, 197
173. Ibidem.
174. Citato in Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 16
175. Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 22-24. Il testo è stato modificato per brevità.
176. Qui possiamo vedere un elemento dell’ostilità dei conservatori allo “Stato amministrativo” e alla “discrezionalità delle agenzie”. Ciò getta ulteriore luce sul rifiuto dei Repubblicani di tenere audizioni sulla nomina del giudice Merrick Garland alla Corte Suprema degli Stati Uniti da parte del presidente Barack Obama nel 2016. Sebbene i Democratici abbiano difeso Garland come moderato, e lo era sotto molti aspetti, era anche un forte sostenitore della discrezionalità delle agenzie. Stewart J.B., “On Business Issues, Republicans Might Want a Justice Garland”, New York Times, 24 marzo 2016, sec. Business, https://www.nytimes.com/2016/03/25/business/on-business-issues-republicans-might-want-a-justice-garland.html. D’altra parte, le azioni dei Repubblicani fanno pensare che avrebbero rifiutato di tenere audizioni su qualsiasi candidato di Obama. L’ostilità della destra nei confronti della discrezionalità delle agenzie ha giocato un ruolo importante anche nella causa West Virginia v. EPA, che ha negato l’autorità dell’agenzia di regolamentare i gas serra. Si veda https:///www.supremecourt.gov.opinions.21pdf/20-1530_n758.pdf
177. Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 24-25
178. Ibidem, 25
179. Ibidem, 28
180. Plehwe suggerisce che i valori chiave condivisi fossero la libertà economica e l’individualismo, l’affermazione di standard morali e, “forse sorprendendo molti critici, standard sociali minimi”. Mancavano in particolare i diritti tradizionalmente apprezzati dai liberali, come il diritto di formare coalizioni e la libertà di stampa. Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 25-26
181. Wasserman J., The Marginal Revolutionaries, cit., 197. Secondo Caldwell, Luigi Einaudi, all’epoca governatore della Banca d’Italia, avrebbe dovuto partecipare alla prima riunione, ma per qualche motivo non lo fece (Caldwell B., “Mont Pèlerin 1947”, in The Mont Pelerin society 1980-2020, https://www.hoover.org/sites/default/files/research/docs/mps_caldwell.pdf). Tuttavia, nel 1951, quando ormai era stato eletto presidente dell’Italia, si iscrisse come membro, contravvenendo alla richiesta della società (come nota Dieter Plehwe) di una “rinuncia drastica all’attivismo politico” (Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 22).
182. Nove borsisti della Earhart foundation hanno vinto il premio Nobel per le Scienze economiche e molti altri, tra cui Milton Friedman e George Stigler, hanno avuto un qualche genere di sostegno da parte dell’istituzione. La fondazione ha chiuso nel 2016; a un certo punto il suo patrimonio era di 95 milioni di dollari. Barbic K., “Harry Earhart”, Philanthropy Roundtable, visitato il 13 marzo 2021, https://www.philanthropyroundtable.org/almanac/people/hall-of-fame/detail/harry-earhart. L’industriale riteneva che “il sistema imprenditoriale americano libero e competitivo, basato sull’etica cristiana, fosse la più alta forma di organizzazione sociale della storia”. Hanno sostenuto gli studiosi che affermavano, riguardo all’Aids, “che il valore dell’intervento governativo e della ricerca medica è spesso sopravvalutato, soprattutto perché l’epidemia è in gran parte limitata agli ‘uomini omosessuali’ e ai tossicodipendenti per via endovenosa”. Ahituv A., Hotz V.J., Philipson T., “Will the AIDS Epidemic Be Self-Limiting? Evidence on the Responsiveness of the Demand for Condoms to the Prevalence of AIDS”, Working papers, Harris school of public policy studies, University of Chicago, gennaio 1994, https://ideas.repec.org/p/har/wpaper/9401. html. La Earhart foundation è stata anche uno dei principali sostenitori dell’American enterprise institute e del George C. Marshall institute. “ExxonSecrets Factsheet: George C. Marshall Institute”, Exxon Secrets, visitato il 13 marzo 2021, https://exxonsecrets.org/html/orgfactsheet.php?id=36. Per una discussione completa sul Marshall institute, si veda Oreskes N., Conway E.M., Merchants of Doubt: How a Handful of Scientists Obscured the Truth on Issues from Tobacco Smoke to Global Warming, Bloomsbury, New York 2011, 249 (ed. italiana Mercanti di dubbi, Edizioni Ambiente, Milano 2025)
183.Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 15
184. Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., 44
185. Ibidem.
186. Ibidem.
187. Si veda Plehwe D., introduzione a Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 22, sulla rinuncia di Hayek agli obiettivi politici. Si veda anche Phillips-Fein K., Invisible Hands, cit., per approfondire gli obiettivi politici di Crane, Luhnow e altri.
188. Wasserman J., The Marginal Revolutionaries, cit., 199
189. Nash, in The Conservative Intellectual Movement (cit.) sostiene che il tradizionalismo si è spesso scontrato con il fondamentalismo del mercato, in quanto i mercati possono essere dirompenti e persino dannosi per i valori tradizionali. Si veda anche Burgin A., The Great Persuasion, cit., introduzione.
190. Hacker J.S., Pierson P., American Amnesia: How the War on Government Led Us to Forget What Made America Prosper, Simon & Schuster, New York 2016, 348
191. Slobodian Q., Globalists: The End of Empire and the Birth of Neoliberalism, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2018, 2
192. Ibidem, 15. Slobodian sostiene che ciò sia legato alla decolonizzazione e all’imperativo di impedire che negli Stati post-coloniali appena liberati prevalga la volontà popolare. Può anche aiutare a spiegare le tendenze autoritarie di persone come Rose Wilder Lane e il motivo per cui Hayek e Friedman hanno sostenuto il dittatore militare Augusto Pinochet in Cile.
193. Ptak R., “Neoliberalism in Germany”, in Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 101
194. Tribe K., “Liberalism and Neoliberalism in Britain, 1930-1980”, in Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 68-69
195. Denord F., “French Neoliberalism and Its Divisions: From the Colloque Walter Lippmann to the Fifth Republic”, in Mirowski P., Plehwe D. (a cura di), The Road from Mont Pèlerin, cit., 49. Sull’influenza di Lippman su Hayek, si veda Carter Z.D., The Price of Peace, cit.
196. Denord F., “French Neoliberalism and Its Divisions”, cit., 49
197. Su questo punto si veda Tribe K., “Liberalism and Neoliberalism in Britain”, cit., 75. Egli sostiene che la differenza chiave è l’inversione del rapporto tra politica ed economia: il liberalismo classico attribuiva la libertà ai diritti individuali, mentre il neoliberismo ritiene che la libertà sia garantita dall’“impersonalità delle forze di mercato”.
198. Denord F., “French Neoliberalism and Its Divisions”, cit., 49
199. Burgin A., The Great Persuasion, cit., 9-11
200. Thomas V., “The Danger of Dismissing Market Failures”, Brookings (blog), 12 luglio 2017, https://www.brookings.edu/blog/future-development/2017/07/12/the-danger-of-dismissing-market-failures/. Per un esempio recente di negazione o rimozione del fallimento del mercato, si veda Worstall T., “Nick Stern Is Wrong; Climate Change Is Not the Largest Market Failure the World Has Ever Seen”, Forbes, 25 gennaio 2015, https://www.forbes.com/sites/timworstall/2015/01/25/nick-stern-is-wrong-climate-change-is-not-the-largest-market-failure-the-world-has-ever-seen/. Worstall sostiene che il cambiamento climatico non è un fallimento del mercato, perché non esiste un mercato per le emissioni. Quindi non è un insuccesso, ma una “assenza di mercato”. Questo è un sofisma. I mercati, operando in condizioni legali, hanno creato un problema che non hanno risolto; questa è la definizione stessa di fallimento del mercato. Non esiste un mercato per le emissioni perché non c’è domanda: le emissioni non hanno un valore positivo. Sono un costo esterno, come identificato decenni fa da Pigou e Coase. Che si tratti di un fallimento del mercato o dei mercati, il risultato è lo stesso, soprattutto se la soluzione consiste nell’intervento dei governi per creare mercati del carbonio. I fallimenti del capitalismo vengono spesso liquidati con l’argomentazione che non era abbastanza puro, che si trattava di capitalismo clientelare, di etno-capitalismo o capitalismo statalista. In altre parole, non si tratta di capitalismo vero e proprio. Quindi, i fallimenti vengono di fatto attribuiti all’eresia.
201. Denord F., “French Neoliberalism and Its Divisions”, cit., 49
202. Cox H., The Market as God, cit., 15
203. Haidt J., citato in Hoggan J., Litwin G., I’m Right and You’re an Idiot: The Toxic State of Public Discourse and How to Clean it Up, New Society Publishers, Gabriola Island, BC, 2016, 39
204. Cox H., The Market as God, cit., 15
205. Atwood M., Payback: Debt and the Shadow Side of Wealth Management, House of Anansi Press, Toronto 2008, 180
206. Hacker J.S., Pierson P., American Amnesia, cit., 170
207. Burgin A., The Great Persuasion, cit., 11
208. Oreskes N., Science on a Mission, cit.
209. La nostra analisi integra quindi, ma in una certa misura critica anche, gli studi precedenti, che hanno quasi sempre rilevato il sostegno finanziario di Luhnow e Crane, ma lo hanno presentato come parte dello “sfondo” della storia.